Un gruppo di audaci rangers accoglie nei suoi ranghi il figlio di Tex Willer!
Uscita: 20/06/2018
Soggetto: Mauro Boselli
Sceneggiatura: Mauro Boselli
Disegni: Majo
Copertina: Majo
Chi è stato a massacrare i pacifici Comanche del villaggio di Bisonte Bianco, che avevano firmato un trattato di pace con il Texas? Pecos, il fratellastro di Quanah Parker, accusa i rangers, ma Tex sospetta i comancheros del vecchio Robledo e perciò parte con Tiger Jack verso la selvaggia contea di Presidio, sulle Cienega Mountains, dove spera di trovare il loro nascondiglio.
Nel frattempo, Kit Willer, dopo uno scontro con lo “zio” Carson, dichiara di essere ormai libero di scegliere la sua strada nella vita e si unisce ai temerari rangers di Finnegan, un corpo speciale di frontiera che, quando si tratta di applicare la rude legge del West, raramente segue le regole…
Tratto dal [Texone N.33] I Rangers Di Finnegan
UN PADRE E UN FIGLIO di Graziano Frediani
Nel 2021, anche Kit Willer arriverà a compiere settant’anni di vita editoriale, traguardo che suo padre Tex ha già trionfalmente raggiunto, essendo apparso in edicola fra le pagine di uno smilzo giornaletto, intitolato “Il totem misterioso”, nel remoto settembre 1948.
Kit, invece, esordisce, un po’ alla chetichella a dire il vero, soltanto nel maggio 1951, in una striscia, “L’orma della paura”, dov’è un pischello che ancora vive nel villaggio dei Navajos, lo stesso in cui è nato, frutto del (purtroppo) breve matrimonio fra il bianco Willer e l’indiana Lilyth. Tempo pochi mesi, e, nel gennaio 1952, lo ritroviamo fresco adolescente, nell’albo “Il figlio di Tex”.
Il suo creatore, Gianluigi Bonelli, ha fretta di farlo crescere e soprattutto di far vedere ai lettori quanto vale, a dispetto dei limiti anagrafici. “Astuto e sprezzante di ogni rischio, acuto osservatore e pronto nell’affrontare le più difficili situazioni, Kit Willer darà prova d’essere ben degno del nome che porta, un nome che significa audacia, senso dell’onore, nobiltà d’animo e disprezzo d’ogni viltà.
Nelle vene del ragazzo scorre il sangue di uno dei più famosi rangers e quello degli intrepidi guerrieri navajos, e Kit, cresciuto nel pueblo di Freccia Rossa, sotto l’occhio severo del padre e di Tiger Jack, è diventato un piccolo uomo. Il suo corpo, la sua forza, sono ancora in via di sviluppo, ma Kit ha però già altamente sviluppati l’intelligenza e il coraggio, e la sua mano è ferma e sicura, sia che impugni una pistola, sia che stringa le redini di Diablo, il suo mustang, o l’estremità del suo laccio!”, assicura lo “strillo” pubblicitario realizzato per l’occasione.
Poco più avanti, i due Willer agiscono appaiati: gli altri due compagni, l’esperto e maturo Kit Carson e il laconico guerriero Tiger Jack, sono impegnati su altri fronti, in attesa di ritrovarsi tutti insieme per dar vita in pianta stabile a quel quartetto di “pards” che, nella mente di G. L. Bonelli, rappresenta la versione western dei proverbiali Moschettieri di Alexandre Dumas.
In episodi come “Occhio per occhio”, uscito nel luglio 1952 (e dal quale è tratta la sequenza riprodotta a destra), il Ranger porta con sé soltanto il figlio, un teen-ager coraggioso ma ancora inesperto, che papà Tex intende educare personalmente, insegnandogli non certo le buone maniere da esibire “in società”, bensì le doti e i trucchi indispensabili per affrontare la dura vita degli uomini di Frontiera, fatta di rischi e continue esplosioni di violenza, “senza rimetterci le penne”.
Un modo di dire che rende perfettamente i sentimenti e le inconfessate trepidazioni di Tex verso un “Piccolo Falco”, come lo chiamano i Navajos, che non ha ancora imparato a volare e a difendersi nel modo e nel momento opportuni; un cucciolo da svezzare e proteggere con discrezione, senza tarparne le comprensibili aspirazioni all’indipendenza. Si diventa uomini – o meglio, eroi – anche facendo di testa propria, correndo dei rischi e assumendosene la responsabilità; il difficile – per chiunque, a qualunque età – è trovare un equilibrio fra l’entusiasmo e l’incoscienza, l’orgoglio e la consapevolezza (dei propri limiti, innanzi tutto), e capire quand’è il caso di buttarsi nella mischia o di fare un passo indietro.
Oggi che si è stabilizzato intorno ai vent’anni d’età (nei fumetti, si invecchia molto lentamente, lo sapete), Kit Willer non ha più l’ingenua irruenza delle origini, e, pur tendendo a restare nel gruppo, ha mostrato di possedere una sensibilità e un carattere inconfondibilmente suoi, concedendosi anche riuscite escursioni “in solitaria”. Il merito di questa maturazione va all’attuale sceneggiatore-principe della saga texiana, Mauro Boselli.
Lavorando con acume e finezza di dettagli, senza mai esagerare con inopportuni psicologismi che potrebbero indebolire il filo portante dell’Avventura, di cui comunque i Moschettieri bonelliani restano gli alfieri, Mauro ha “costretto” il Piccolo Falco e l’Aquila della Notte a uno stretto, drammatico confronto proprio nella storia pubblicata qui. “I rangers di Finnegan” è, infatti, un romanzo a fumetti tanto avvincente quanto complesso, e non esente da colpi di scena, che il disegnatore, Mario Rossi in arte Majo, ha reso ancor più potente, giocando, com’è sua abitudine, con i chiaroscuri, i tratteggi, i primi piani realistici.
Dalla prima all’ultima pagina, il “Texone” di Boselli & Majo è un ritratto a doppio riflesso, l’interfaccia generazionale fra un padre e un figlio uniti da solidissimi legami di sangue e da una medesima “missione” dalla parte della Giustizia, eppure costretti – visti i diversi livelli di esperienza – a far talvolta scintille. Anche se magari non lo ammette, Tex si rende però conto che l’attuale impulsività di Kit è la stessa che aveva lui, nella sua turbolenta, e per certi versi ancora inesplorata, giovinezza.